Dopo lo scandalo finanziario che ha condotto JpMorgan, la principale banca d’affari statunitense, a cedere oltre 2 miliardi di dollari di perdite in sole sei settimane (con il risultato negativo di periodo che dovrebbe raggiungere il picco dei 3 miliardi di dollari entro la fine del mese di giugno), iniziano a saltare le prime teste tra i top manager.
A far maggiore scalpore è la scelta dell’amministratore delegato Jamie Dimon di accettare le dimissioni del proprio braccio destro, Ina Drew, responsabile degli investimenti della banca d’affari, che appena scoppiato il caso, alla fine del mese di aprile, aveva avanzato proposta di dimissioni, puntualmente respinta dal consiglio di amministrazione. Ora, tuttavia, Dimon sembra essere più convinto dell’offerta di dimissioni della Drew, orientandosi verso la conferma della rottura del rapporto di lavoro.
Divenuta improvvisamente famosa in tutto il mondo per il disastro nucleare di Fukushima, la Tepco – Tokyo electric power co. – compagine amministratrice dell’impianto colpito dallo tsunami conseguente al terremo dell’11 marzo 2011 che ha colpito l’arcipelago nipponico, è stata costretta a chiudere il bilancio fiscale 2011 / 2012 con risultati estremamente negativi, diretta conseguenza dei fatti tristemente famosi, che hanno catalizzato l’attenzione di tutto il Pianeta.
Panasonic, una delle società giapponesi più note sul fronte dell’elettronica di consumo, ha pubblicato dei dati di periodo particolarmente deludenti se confrontati con le attese degli analisti. L’anno fiscale 2011 / 2012 (che per la compagnia nipponica si è concluso il 31 marzo), trascina al ribasso i principali valori di conto economico per l’azienda di Osaka, che ha dovuto affrontare dei trimestri non proprio agevoli.
Standard & Poor’s ha diramato alcune importanti considerazioni su quanto potrebbe accadere in caso di mancato apporto di nuovi capitali alla finanza internazionale, prevedendo uno scenario estremamente negativo se nel corso dei prossimi quattro anni non arriveranno almeno 46 trilioni di dollari, di cui 30 per rifinanziare i bond in scadenza e i prestiti erogati nel periodo pre crisi, e 13-16 trilioni di finanziamento della crescita.