La Cina e gli investitori stranieri

 Sembra che gli investitori non siano gli unici preoccupati per il rallentamento della crescita economica della Cina. Anche se un dato trimestrale dell’8,9% non può essere considerata una “brutta notizia”, almeno per la maggior delle economie più importanti, il risultato non sembra essere abbastanza soddisfacente per la stessa Cina. Ma il governo cinese vuole accrescere la fiducia nel mercato nazionale, tanto che ha anche allentato le politiche che limitano l’acquisto di beni cinesi da parte degli stranieri.

Lo scorso dicembre, la China Securities Regulatory Commission (CSRC) ha concesso 14 licenze Qualified Foreign Institutional Investors (QFII). Le istituzioni con licenze QFII sono le uniche entità straniere (ad esempio le banche) cui è consentito comprare o vendere titoli denominati in yuan o investire nei mercati azionari cinesi.

Questo s’inscrive nel piano elaborato dal governo cinese per aiutare l’integrazione di uno yuan più liberalizzato. Come tutti sappiamo, lo yuan è scambiato entro una banda stretta rispetto al dollaro statunitense (USD), in quanto il governo non permette di apprezzare (o svalutare) troppo in fretta.

Aprendo i suoi mercati dei capitali, il governo cinese sta lentamente allentando il suo controllo, consentendo lo sviluppo di un mercato “libero”. Dall’avvio del programma nel 2002, ora ci sono 135 istituzioni con licenze QFII, di cui 29 sono state approvate nel 2011. A quanto pare, 15 di queste 29 sono stati concesse nei primi 11 mesi del 2011.L’importo totale dei fondi esteri che possono essere investiti nei mercati interni della Cina ammonta a 21,64 miliardi di dollari. Niente male vero?

Ora, prima di correre in banca e scaricare tutto il denaro nei mercati cinesi, è fondamentale ricordare che sussistono ancora molte restrizioni relativamente ai tipi di investimenti che le imprese QFII possono fare.

In primo luogo, il massimo che ogni programma QFII può investire è di 20 miliardi di yuan. Di questi, almeno l’80% (16 miliardi di yuan) deve essere investito in titoli a reddito fisso. Il restante 20% può essere investito in azioni e fondi azionari. Il motivo del “tetto” è sostanzialmente per impedire la formazione di una bolla che potrebbe verificarsi in seguito all’afflusso di quantità eccessive di capitali in un mercato.

Secondariamente, non si può pensare che il governo cinese apra improvvisamente i propri mercati. Possiamo aspettarci che questo preveda un processo lungo ed estenuante, con il governo che, distribuendo licenze, continua nel frattempo a temporeggiare. Sembra che una ditta QFII debba attendere diversi mesi prima che venga definitivamente approvata e possa quindi effettuare investimenti in Cina.

Le recenti mosse della Cina esprimono l’intenzione di muoversi verso l’integrazione dei propri mercati (e dello yuan) nell’economia globale piuttosto che una reale strategia per l’iniezione di capitale. In ogni caso, sarà interessante vedere se tutto questo aprirà la strada ad uno scambio più libero dello yuan e quale impatto (potenzialmente significativo) avrà sui mercati valutari!

Lascia un commento