Banche USA, ondata di fallimenti

 Nonostante lo scorso anno i fallimenti bancari negli Stati Uniti siano diminuiti, almeno 758 istituti di credito sono a rischio bancarotta nei prossimi due anni, secondo un’analisi di Consulting Group Invictus.

Lo studio Invictus, muovendo sui dati resi pubblicamente accessibili, evidenzia che tale eventualità è dovuta principalmente alla debolezza della ripresa, che rischia di innescare una seconda ondata di insolvenze. Le banche oggetto dell’analisi, hanno assets totali di circa 440 miliardi dollari, ovvero una media di crica $ 580 milioni. Negli ultimi tre anni, 389 banche e casse di risparmio sono fallite, tra cui 90 nel 2011, secondo i dati FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation).

“Mentre la possibilità di un fallimento bancario è seria, ciò che rende la situazione ancora peggiore è che la scomparsa di una di queste banche si ripercuoterebbe negativamente a livello locale, in particolare sulle relatà minori, sui proprietari più piccoli e su coloro che cercano di comprare o migliorare le proprie case “, ha detto Mustafa Kamal, Presidente e CEO di Invictus. Il problema è aggravato dal fatto che le grandi banche nazionali hanno iniziato a chiudere le loro filiali più piccole, e questo, per le comunità, si traduce in minori risorse di prestito.

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General Motors torna in pole position

 A Cesare quel che è di Cesare. General Motors (GM) è tornata ad essere un leader mondiale nel settore automobilistico. Un titolo di cui il produttore americano è stato detentore per 76 anni, prima di perderlo nel 2008. A Detroit, sede di GM, sembra che  le cose stiano finalmente tornando alla normalità.

Data per morta nel 2009, la Fenice rinasce dunque dalle sue ceneri grazie alla protezione del Capitolo 11, la legge fallimentare statunitense, una sorta di lavagna magica che permette di cancellare gli errori del passato. Meglio di una revisione a 10000 km, un modo per azzerare i contatori (a colpi di tagli di posti di lavoro e stabilimenti e grazie ad una iniezione di 50 miliardi di dollari da parte del Tesoro americano. General Motors ha inoltre rimosso diversi marchi come Pontiac, Saturn, Hummer, Saab).

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Occupazione USA in ripresa

 Secondo quanto affermato dal report del Dipartimento del Lavoro di Washington, le buste paghe negli Stati Uniti sarebbero cresciute oltre le attese nel corso del mese di dicembre, portando il tasso di disoccupazione (uno dei parametri macro sui quali gli analisti sembrano concentrare maggiore attenzione) ai livelli minimi degli ultimi tre anni, con prospettive economiche di ripresa per quanto concerne l’esercizio recentemente cominciato.

L’incremento delle buste paghe di dicembre è infatti stato di 200 mila unità, contro lo sviluppo di 100 mila unità del mese di novembre (periodo che invece aveva fatto riscontrare un incremento inferiore alle attese degli osservatori). Come conseguenza di quanto sopra, il tasso di disoccupazione è inaspettatamente calato all’8,5%, mentre le ore lavoro e il reddito medio degli statunitensi è stato dato in aumento.

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Stati Uniti, previsioni positive sulla crescita economica

 Cresce la fiducia sulla crescita economica statunitense. Una fiducia che incrementa la propria proporzione man mano che peggiora la situazione della crisi del debito europeo. Lo scenario che si sta venendo a creare non è certo una coincidenza: gli osservatori macroeconomici internazionali sono infatti convinti che l’estremo rallentamento dello sviluppo produttivo del vecchio Continente (che rischia una recessione duratura) porterà benefici all’economia statunitense, che si potrà così avvantaggiare del crollo competitivo del partner – avversario europeo.

La divergenza (già visibile oggi) tra l’andamento dell’economia statunitense e quello dell’economia europea, diventerà così ben più significativa nel corso del 2012, quando i 17 Paesi dell’area euro dovranno fare i conti con una presumibile recessione (certa per una parte di loro) e per un raffreddamento della propria competitività su scala internazionale, oltre al timore mai sopito di un possibile default di sistema nell’area territoriale di riferimento.

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Anche l’Empire State Building finisce in Borsa

 E’ uno dei grattacieli più noti di tutto il mondo, e sta per finire in Borsa. Protagonista della vicenda è l’americanissimo Empire State Building, la cui terrazza (riporta il sito web de La Repubblica, che a sua volta cita i dati del New York Times) sarebbe stata visitata da oltre quattro milioni di persone nel solo 2010, per un volume d’affari che – limitatamente a questo piccolo segmento di business dell’edificio – si aggira intorno ai 6 milioni di dollari.

Sempre secondo le analisi compiute dal quotidiano newyorkese, se l’Empire State Building dovesse finire in Borsa (così come sempre), potrebbe ottenere una valutazione di circa 5 miliardi di dollari. A supporto del progetto legato all’offerta pubblica iniziale per ora c’è solamente un ricco e voluminoso prospetto (oltre 500 pagine) con il quale la famiglia Malkin (che gestisce il palazzo) sta cercando di convincere gli stakeholders (principalmente, i 2.800 investitori nel grattacielo) a consolidare gli interessi e le proprietà in un’unica società, che dovrebbe quindi terminare sul mercato regolamentato di Borsa.

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China Telecom punta le antenne sul mercato USA

 China Telecom, uno dei big della telefonia cinese, ha dichiarato di voler lanciare un servizio wireless sul mercato retail nordamericano, con un proprio brand. La decisione dovrebbe concretizzarsi entro la prima parte del proprio anno, cercando di allacciare i rapporti, con immediatezza, con la ricca utenza cinese che è presente sul territorio statunitense, dove vive e lavora stabilmente, e con quella che si presenta sul suolo americano per studio o viaggio di svago.

China Telecom, che è altresì il principale operatore di telefonia fissa del più popoloso Paese asiatico, offrirà pertanto i propri servizi diretti alla platea americana. Ancora non è tuttavia noto quale sarà il livello di prezzi che la compagnia asiatica vorrà imporre per questo target territoriale, anche se Donald Tan, presidente di China Telecom Americas, ha affermato che il pricing sarà molto “competitivo” rispetto allo standard dei concorrenti.

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Tasso di disoccupazione in calo nel mercato USA

 Secondo quanto affermato dal Dipartimento del Lavoro di Washington, il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti sarebbe inaspettatamente calato durante il mese di ottobre, con un livello di nuove assunzioni che tuttavia non riesce a garantire lo sviluppo desiderato, assestandosi sulle soglie più basse degli ultimi quattro mesi, e confermando – di fatto – le opinioni della Federal Reserve, stando alla quale la ripresa del mercato occupazionale del Paese nordamericano sarà molto lenta, e sicuramente più scarsa del previsto.

Ad ogni modo, il tasso di disoccupazione nel mercato sopra individuato è calato ai minimi da sei mesi, per un livello ora pari a 9 punti percentuali, rispetto ai 9,1 punti percentuali del mese precedente. Il problema sarà tuttavia relativo al futuro a breve e medio termine: considerato che la soglia di cui sopra è ancora troppo elevata per poter soddisfare gli osservatori nazionali, e la società locale, occorrerà comprendere in che modo l’economia statunitense saprà rendersi utile nella produzione di nuovi posti di lavoro.

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