Gli allarmi accorati lanciati dal settore primario del nostro paese stanno diventando purtroppo una preoccupante costante negli ultimi tempi: l’ultimo è stato quello di Confagricoltura, la quale ha voluto porre l’accento sui timori legati al caro-carburanti, quello che rischia di diventare una emergenza più che grave per le campagne italiane, una situazione davvero poco sostenibile nel breve termine, oltre che un danno evidente per le aziende del comparto in questione, per le coltivazioni e per tutti gli allevamenti. Il riferimento della confederazione è andato ai nuovi rincari e ai record che sono stati registrati per quel che concerne i prezzi dei vari carburanti, con i due euro al litro per la benzina verde (ma non solo) che si avvicinano in maniera minacciosa. I carburanti sono fondamentali ovviamente anche per l’agricoltura, soprattutto se si pensa che sono utili per il riscaldamento delle serre e delle stalle, in particolare in questi mesi invernali così rigidi, forse in maniera inattesa.
Economia e Lavoro
Tecnocasa: valori bassi per capannoni e laboratori nel 2011
Il primo semestre dello scorso anno è stato caratterizzato da valori piuttosto bassi per quel che concerne il settore immobiliare di tipo non residenziale: questa constatazione deriva dall’ultima analisi che è stata condotta dal gruppo Tecnocasa, il quale ha focalizzato ovviamente la sua attenzione su negozi, uffici, laboratori e anche capannoni. Un discorso a parte lo meritano proprio questi ultimi, i capannoni. Nel dettaglio, i prezzi in questione sono calati nel periodo preso in esame di 0,3 punti percentuali per quel che concerne le tipologie usate e di 0,4 punti in relazione alle categorie sottoposte a nuova costruzione. Lo stesso discorso vale per le locazioni, con un picco preoccupante (-1,6%) registrato dalle stesse tipologie usate.
Il firewall per l’Europa, un bazooka anti-crisi
I leader delle finanze del G20, riunitisi a Città del Messico questo fine settimana, stanno cercando di raccimolare massicce risorse a livello internazionale, ed entro la fine di aprile, al fine di convincere i mercati finanziari della capacità di impedire che i profondi problemi profondi della zona euro possano infliggere più danni su una (ancora fragile) ripresa mondiale.
Gli sforzi che si stanno compiendo potrebbero rivelarsi i più audaci dal 2008, quando il G20 riuscì a raccogliere 1.000 miliardi di dollari per salvare l’economia mondiale dalla crisi del credito, che esplose negli Stati Uniti causando la peggiore recessione dal 1930.
Petrolio: utilizzare le riserve strategiche?
Gli Stati Uniti non hanno apertamente fatto appello ai paesi membri del G20 perché attingano alle riserve strategiche di petrolio, secondo quanto si è appreso dai leader del G20 i cui ministri delle finanze e banchieri centrali si sono riuniti questo fine settimana a Città del Messico. Ma gli USA ritengono che l’impennata dei prezzi dell’oro nero, alimentata dalle tensioni tra Iran e Occidente attorno alle ambizioni della repubblica islamica e al controverso programma nucleare, rappresenti un serio rischio per l’economia globale.
Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha voluto mettere in guardia contro tale minaccia. Le nuove sanzioni che si annunciano contro l’Iran, provenienti dagli Stati Uniti e dall’Unione europea hanno già costretto alcuni paesi a ridurre i propri acquisti di petrolio iraniano.
Nei money transfer prolifera la criminalità organizzata
L’evasione e il riciclo del denaro sono due realtà fin troppo presenti nel nostro paese: la lotta a questi fenomeni è stata a dir poco nulla finora, grazie soprattutto a degli intermediari che hanno chiuso entrambi gli occhi e a stratagemmi volti a superare le norme di contrasto, come ad esempio il celebre pagamento in forma frazionata. Di conseguenza, esercizi commerciali come i money transfer hanno rappresentato nel corso degli ultimi anni un terreno più che fertile per la criminalità organizzata. La Commissione Parlamentare Antimafia ha calcolato alcuni dati e ovviamente non c’è molto da essere allegri da questo punto di vista. In effetti, il trasferimento di denaro ha consentito di realizzare un volume di affari davvero ingente, con addirittura 150 miliardi di euro di fatturato, un business di non poco conto.
Il punto di Mario Draghi (BCE) sulla crisi
Il Presidente della BCE non usa mezzi termini e ricorre a toni piuttosto perentorei quando si rivolge ai paesi europei indebitati. In un’intervista pubblicata dal Wall Street Journal, Mario Draghi ritiene che non vi sia alternativa alla realizzazione di rigorosi piani di austerità, e avverte che i sistemi sociali del vecchio continente sono diventati obsoleti.
Mentre infuria il dibattito su come evitare la recessione nell’Eurozona, riducendo i disavanzi pubblici, Mario Draghi ha stimato che solo attraverso l’implementazione di profonde riforme strutturali l’Europa potrà uscire dall’attuale congiuntura. Il banchiere centrale esclude che alcuni Paesi d’Europa possano fare marcia indietro sugli obiettivi di riduzione del loro debito, in quanto ciò provocherebbe una “reazione immediata da parte dei mercati (e) spingerebbe i differenziali dei tassi di interesse al rialzo”. Tale affermazione sembra essere una risposta alle voci in circolazione, secondo cui la Spagna vorrebbe derogare agli impegni precedentemente assunti.
Grecia ottiene salvataggio ma perde sovranità
Con il nuovo piano di aiuti, la Grecia è davvero salva?
Dopo un’estenuante seduta-maratona di negoziati e trattative, è stato raggiunto l’accordo per salvare la Grecia dalla bancarotta. Il secondo piano di salvataggio, il cui ammontare è pari a 237 miliardi di euro, al paese porta a più di 350 miliardi di euro in aiuti ad Atene, da quando la crisi è iniziata, due anni or sono. Chi paga?E che cosa? Ma soprattutto, quali sono le probabilità di successo di questa nuova operazione di salvataggio?
La prima parte del piano firmato Martedì mattina prevede un aiuto pubblico di 130 miliardi di euro principalmente sotto forma di prestiti. I paesi della zona euro saranno i principali contribuenti. Anche l’FMI dovrebbe metter mano al proprio portafoglio, ma deciderà l’ammontare dell’importo solo a metà marzo. In ogni caso, non dovrebbe essere superiore a 13 miliardi di euro, contro i 30 miliardi stanziati nel maggio 2010.
Gucci punterà ancora su qualità e prezzi alti
Patrizio Di Marco, amministratore delegato della celebre azienda di moda Gucci, è convinto che a una maggiore attrazione della clientela corrispondano anche prezzi più alti: dopo l’esperienza di due anni fa presso Bottega Veneta, lo stesso chief executive officer ha voluto porre una certa enfasi sulle materie prime più preziose, dopo alcune accuse secondo le quali il colosso di Firenze stava diventando meno esclusivo da questo punto di vista. Ecco spiegati dunque i trenta punti percentuali fatti registrare in media dai prezzi di vendita delle borse, nonostante la grave crisi del credito che sta attanagliando il continente europeo e tutti i suoi consumatori. Gucci sta sfruttando il logo classico dalla doppia G in maniera più moderata, producendo pezzi in pelle di pitone e anche di coccodrillo, cercando quindi di venire incontro ai clienti più facoltosi e dalle esigenze più sofisticate. D’altronde, circa il 5% dei ricavi è rappresentato attualmente da vendite di questo tipo, come confermato dallo stesso ad.
Germania, austerità in tempo di crisi
Il governo tedesco prevede di ridurre il deficit più velocemente di quanto previsto. Un nuovo giro di vite è alle porte, nonostante la crisi.
La Germania procede alta velocità. Venerdì, diversi media tedeschi hanno lasciato intendere che il primo requisito della regola d’oro fiscale potrebbe essere completato con due anni di anticipo. Secondo il progetto che avrebbe presentato il ministro delle Finanze, il deficit di bilancio dello Stato federale, a partire dal 2014, dovrebbe essere portato al di sotto dello 0,35% del PIL. La riforma costituzionale del 2009 aveva fissato come termine ultimo per soddisfare tale criterio il 2016. In pratica questo significa che Wolfgang Schaeuble punta a raggiungere un deficit federale di 15 miliardi di euro nel 2013 e di 8 miliardi di euro nel 2014.
Telecom Italia Media, boom in borsa in attesa dei risultati 2011
Telecom Italia Media dovrà presentare i propri risultati relativi al 2011 a breve, intanto può contare sulle ottime performance ottenute in Borsa: nel dettaglio, la compagnia è riuscita a guadagnare addirittura 3,76 punti percentuali, una buona iniezione di fiducia in questi tempi. Le previsioni parlano chiaramente di ricavi che dovrebbero calare da 258 a 239 milioni di euro (il confronto viene ovviamente effettuato rispetto all’anno precedente), mentre il margine operativo lordo è destinato ad aumentare addirittura del doppio. Il debito netto della società è comunque salito di 25 milioni di euro. Tra l’altro, queste stesse stime sono piuttosto simili a quelle che sono state pronosticate da una società di intermediazione mobiliare piuttosto attendibile, Equita, la quale aveva focalizzato la propria attenzione su un prezzo obiettivo pari a 0,20 euro per ogni singolo titolo azionario.