Conti deposito e alternative. L’analisi di Geneve Invest

 Il panorama del mondo dei conti deposito in Italia oggi. È davvero sicuro? Quali soni i rischi che corrono i risparmiatori? Quali alternative? Gli intermediari indipendenti costituiscono realmente una possibilità efficace? Analizziamo l’offerta di Geneve Invest

 

In un periodo di crisi economica profonda quale quello che sta attraversando, ormai da quasi un triennio, il nostro paese, decidere attraverso quali canali investire i propri risparmi è molto complesso. Fra le diverse opportunità che offre il mercato finanziario, vi è quella dei conti deposito, conti corrente bancari, limitati nelle proprie funzionalità, che hanno l’unico scopo di fruttare interessi elevati sul patrimonio investito. Presentati dagli istituti bancari come una soluzione vincente per tutti quei risparmatori che non si fidano del mattone e che vogliono rendimenti stabili e sicuri, in realtà i conti deposito stanno ormai confermandosi uno degli investimenti caratterizzati dal peggior rapporto tra rischio e rendimento dell’intero panorama di mercato.

Innanzitutto, i conti deposito possono essere concessi soltanto dalle banche, il risparmiatore ha quindi bisogno di affidarsi ad un istituto solido ed in salute. Il punto è che le condizioni più vantaggiose offerte dal mercato provengono usualmente proprio da quelle banche che, in grave difficoltà, hanno disperato bisogno di attrarre denaro fresco. In pratica, istituti che navigano in cattive acque sono pronti a riconoscere tassi estremamente alti, con il rischio di non essere in grado di prestare fede agli obblighi di contratto, vale a dire di restituire ai correntisti il capitale depositato e gli interessi contrattualmente previsti. Se è vero che le banche italiane sono state obbligate dall’Unione Europea a fondare e ad aderire al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, è altrettanto vero che le garanzie offerte da questo fondo, a ben vedere non sono poi così granitiche. Ad esempio, leggendo con attenzione il testo di legge che regola il Fondo, art. 96-bis del T.U.B, al punto 4, articolo L, si nota che: „sono esclusi dalla tutela i depositi per i quali il depositante ha ottenuto dalla banca, a titolo individuale, tassi e condizioni che hanno concorso a deteriorare la situazione finanziaria della banca, in base a quanto accertato dai commissari liquidatori.“ Per cui, se, poniamo il caso, la banca ha offerto ad un cliente un vincolo ad un anno al 4,5%, i commissari liquidatori, dopo un eventuale fallimento, possono considerare quel tasso, quelle condizioni agevolate che erano state la ragione principale dietro alla scelta di aprire un conto deposito, come condizioni che, ripeto dal testo di legge,” hanno concorso a deteriorare la situazione finanziaria della banca“. Risultato: nessuna garanzia, capitale totalmente perduto, legge perfettamente rispettata, risparmi andati in fumo.

 

Il rischio concreto del binomio banca in crisi-tassi alti

Per andare su alcuni esempi concreti del contraddittorio binomio “banca in crisi-tassi alti”, basta dare un’occhiata alle ultime rilevazioni di Plus 24 del Sole24Ore. Secondo le ultime rilevazioni, datate agosto 2013, i tre istituti bancari che offrono alcune delle migliori condizioni per i nuovi conto deposito, sono Banca Popolare di Spoleto (sui depositi senza vincoli di durata), Banca Marche (sui vincoli a breve-medio durata) e Mps (sulle scadenze più lunghe), vale a dire tre banche che negli ultimi mesi hanno riempito le colonne della cronaca finanziaria a causa delle loro difficilissime situazioni. Banca Popolare di Spoleto, commissariata dalla Banca d’Italia lo scorso febbraio, ha pubblicato dei bilanci dai quali appare evidente, oltre ad un netto peggioramento della qualità del credito, anche un aumento esponenziale dei costi di funding, legato alla necessità di riconoscere degli interessi molto elevati proprio sui conti deposito a tempo. Banca Marche, negli ultimi due anni forse l’istituto più aggressivo nella sua campagna di promozione dei conti deposito, ha registrato un buco, palesato dai numeri del bilancio 2012, di addirittura 527 milioni di euro: una cifra enorme per cui potrebbe non bastare persino l’annunciato, ma ancora non portato a termine, aumento di capitale da 400 milioni di euro che avrebbero dovuto essere garantiti da una cordata di imprenditori locali. Infine Monte dei Paschi di Siena, le cui vicende legate allo scandalo derivati sono ormai passate dalla semplice cronaca finanziaria alle prime pagine di tutti i più importanti quotidiani nazionali.

Verrebbe da dire: ma chi glielo fa fare ai risparmiatori italiani di imbarcarsi in un conto deposito?

Quali sono le alternative più serie e sicure all’opzione del conto?

Investire in obbligazioni, il caso Geneve Invest

La risposta è molto semplice: obbligazioni corporate. L’unico strumento che oggi permette di ottenere una garanzia reale in termini di redditività e rimborso dei capitali e che permette ai risparmiatori di poter sviluppare un piano di investimento calibrato e con buoni margini di interesse.

Per investire in sul mercato delle obbllgazioni in maniera efficace, sicura e redditizia é però certamente necessario rivolgersi ad un interlocutore serio ed affidabile.

Per dare un’idea concreta di ciò di cui stiamo parlando, abbiamo effettuato un’analisi dei piani di offerta ed investimento di alcune fra le più affidabili società di gestione patrimoniale autorizzate ad operare nella UE. Fra queste, ci siamo concentrati su Geneve Invest, gruppo con sede in Lussemburgo e Svizzera. Innanzitutto, emerge il profilo di una società completamente indipendente, fuori da qualsiasi conflitto di interesse e pronta ad operare lontano da una logica di convenienze e problemi strutturali che, come abbiamo visto sopra, asfissiano gli istituti bancari. Dal punto di vista operativo, risulta poi evidente come Geneve Invest abbia deciso di sviluppare una linea di gestione patrimoniale che si muove lungo un percorso individuale per ogni cliente, anche per quei risparmiatori che vogliano partire con cifre intorno ai 50.000 euro. Investimenti mirati, ampia diversificazione degli strumenti finanziari, attenzione esclusiva e costruzione di un portafoglio dedicato e condiviso passo dopo passo, secondo le prospettive di rendimento desiderate.

Il mercato dei risparmatori, in tutta Europa,  ha ormai intrapreso in maniera decisa la strada della gestione patrimoniale indipendente, soprattutto alla luce di un sistema bancario che, a livello continentale, è stato messo in ginocchio dalla crisi economica e che non è più in grado di offrire quelle garanzie di stabilità cui invece ambiscono i risparmiatori.

Il percorso è insomma segnato e la sensazione è che le rilevazioni finanziarie dei prossimi mesi in merito a conti deposito e investimenti confermeranno la crescita di questo trend.

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