Stipendi, Bce chiede adeguamento a inflazione

Gli stipendi devono essere adeguati al tasso di inflazione. Cosa significa? Semplice: la Bce vuole che i salari salgano davanti a questa condizione economica.

Adeguare gli stipendi all’inflazione

L’Italia è sempre stata da questo punto di vista fanalino di coda e il mancato adeguamento degli stipendi una delle criticità più criticate. Sia da una certa parte della politica sia dall’Europa che torna a bacchettare l’Italia su questo. A parlare è Fabio Panetta, membro del direttorio della Bce, che prosegue sulla linea di dibattito già aperta dalla Commissione e dal Parlamento europeo.

Osservazioni più che giuste, se si pensa che con l’aumentare dell’inflazione e dei tassi di interesse la capacità di spesa degli italiani è andata man mano scemando. E i conti sono aumentati. Senza però che aumentassero anche le retribuzioni. La Bce richiede che le buste paga salgano. Mentre in Italia negli ultimi trent’anni il salario medio annuale è diminuito nonostante i cambiamenti economici.

In paesi come la Germania la Francia sono saliti di oltre il 30% per adeguarsi all’inflazione, alla crisi e a tutto il resto. Va da sé che la questione è abbastanza grave e che le tirate d’orecchie da parte della Bce sugli stipendi decisamente giustificate. Tra l’altro nel 2022 le retribuzioni reali degli italiani sono scese del 7,6%, dati alla mano.

Molti media sottolineano quanto sia interessante che ha fare queste osservazioni sia proprio Fabio Panetta, che la Meloni avrebbe voluto al Ministero delle finanze. La banca centrale e le altre istituzioni europee non chiedono tra l’altro una compensazione piena ma una redistribuzione dell’onere imposto dal rialzo dei prezzi.

Bisogna fare di più per i lavoratori

Insomma se proprio non allo stesso livello dei prezzi e del carovita bisogna perlomeno che gli stipendi aumentino. Il problema è che qui in Italia non ci si è mai mossi in tal senso. Se non in alcuni settori privati e non per tutta la platea dei lavoratori. Anche sommando il taglio del cuneo fiscale di Draghi a quello della Meloni si ottengono semplicemente al massimo 20 euro in più al mese in busta paga. E per coloro che guadagnano fino a 25.000 euro l’anno.

Il problema secondo Panetta è che il costo dell’inflazione non può ricadere solamente sui lavoratori ma che lo stesso deve essere suddiviso tra capitale e lavoro. È stato stimato che il potere d’acquisto è sceso del 10%: sarebbe necessario perlomeno recuperare parzialmente questa percentuale.

Come risolvere la situazione? Si potrebbe effettuare un allargamento del taglio del cuneo fiscale ma in una maniera adeguata e più vicina ai 5 punti percentuali. Allo stesso tempo però spingere anche per il rinnovo dei contratti pubblici, che ancora non sono stati ottenuti spingendo affinché venga fatto lo stesso nel settore privato.

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