Standard Chartered: crolla in Borsa per scandalo Iran

 E’ l’estate degli scandali nel settore bancario britannico. Dopo Barclays, accusata di manipolare il Libor e HSBC, che avrebbe ciclato denaro, è il turno di Standard Chartered. La banca è stata accusata dagli Stati Uniti di nascondere transazioni con l’Iran per circa $ 250 miliardi (201 miliardi di euro) attraverso la sua filiale di New York. Accuse categoricamente smentite dalla banca britannica che intende ora difendersi in tribunale. L’effetto sul mercato azionario è devastante: l’azione di Standard Chartered crolla del 18,42%, precipitando a 1199 penny. La banca registra così il più grande calo dell’indice FTSE 100. Secondo lo Stato di New York, queste operazioni avrebbero consentito alla banca britannica di guadagnare centinaia di milioni di dollari in commissioni.

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Petrolio: nuovi oleodotti anti Iran

 Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno aperto nuovi oleodotti bypassando lo Stretto di Hormuz, la cui importanza geopolitica è tale che Cyrus Vance, ex segretario di stato americano, l’ha definito “la vena giugulare del West”. Lo stretto,  la cui costruzione era iniziata il 18 marzo del 2008 ed è stata completata alla fine dello scorso mese, rappresenta infatti  la corsia di trasporto che l’Iran ha ripetutamente minacciato di chiudere. Da qui passa il petrolio estratto negli Emirati, in Iran, in Irak, in Kuwait. La mossa rischia di ridurre il potere di Teheran sui mercati petroliferi.

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Petrolio: utilizzare le riserve strategiche?

 Gli Stati Uniti non hanno apertamente fatto appello ai paesi membri del G20 perché attingano alle riserve strategiche di petrolio, secondo quanto si è appreso dai leader del G20 i cui ministri delle finanze e banchieri centrali si sono riuniti questo fine settimana a Città del Messico. Ma gli USA ritengono che l’impennata dei prezzi dell’oro nero, alimentata dalle tensioni tra Iran e Occidente attorno alle ambizioni della repubblica islamica e al controverso programma nucleare, rappresenti un serio rischio per l’economia globale.

Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha voluto mettere in guardia contro tale minaccia. Le nuove sanzioni che si annunciano contro l’Iran, provenienti dagli Stati Uniti e dall’Unione europea hanno già costretto alcuni paesi a ridurre i propri acquisti di petrolio iraniano.

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Incognita iraniana sul mercato petrolifero

 Le prossime settimane saranno cruciali per capire quali saranno i trend dei prezzi petroliferi nel breve – medio termine: l’attenzione si concentra ovviamente sull’Iran e sulle recenti minacce di intervenire sullo stretto di Hormuz, che hanno immediatamente suscitato la reazione degli U.S.A. Tale situazione, caratterizzata da un certo livello di incertezza, spalanca naturalmente le porte alla speculazione.

Prescindendo dall’evoluzione della situazione iraniana, va sottolineato che attualmente il mercato del petrolio si trova in una situazione in cui l’offerta globale è in crescita mentre la domanda appare in via di raffreddamento: in particolare, secondo i recenti dati pubblicati dal Dipartimento U.S.A. dell’Energia, la domanda americana di greggio nell’ultima settimana del 2011 è stata la più bassa rilevata nel periodo in esame nel corso degli ultimi 14 anni.

Nonostante questo, il prezzo del petrolio si mantiene a livelli tendenzialmente alti: è qui entrano in gioco i timori legati all’evoluzione dello scenario iraniano; in prospettiva, appare prossimo un embargo UE, che però verrà applicato in modo graduale e su tempi relativamente lunghi, così da permettere l’apertura di nuovi canali diplomatici e nel frattempo di chiudere i contratti già in essere coi relativi pagamenti (un esempio è quello delle collaborazioni tecniche offerte all’Iran dall’ENI).

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