Default Grecia peggio della crisi Lehman Brothers?

 Nonostante un piano di austerità molto importante e severo, la Grecia potrebbe non essere in grado di sfuggire al default, previsto per il prossimo marzo. Se ciò dovesse realmente accadere, potrebbe innescarsi una reazione a catena superiore (e più devastante) rispetto a quella sperimentata dagli operatori finanziari dopo il fallimento di Lehman Brothers, come ha rilevato John Paulson, soprannominato il “Sultano dei subprime” per aver scommesso sul crollo dei famosi prestiti americani.

Come un castello di carte, i diversi livelli del sistema bancario e finanziario europeo crollerebbero. Il fallimento di uno stato è molto più complicato di quello di una banca. Infatti, può concretizzarsi in diversi modi. Tradizionalmente, il default si verifica attraverso una svalutazione della moneta (per le obbligazioni emesse nella valuta dello Stato).

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Banche USA, ondata di fallimenti

 Nonostante lo scorso anno i fallimenti bancari negli Stati Uniti siano diminuiti, almeno 758 istituti di credito sono a rischio bancarotta nei prossimi due anni, secondo un’analisi di Consulting Group Invictus.

Lo studio Invictus, muovendo sui dati resi pubblicamente accessibili, evidenzia che tale eventualità è dovuta principalmente alla debolezza della ripresa, che rischia di innescare una seconda ondata di insolvenze. Le banche oggetto dell’analisi, hanno assets totali di circa 440 miliardi dollari, ovvero una media di crica $ 580 milioni. Negli ultimi tre anni, 389 banche e casse di risparmio sono fallite, tra cui 90 nel 2011, secondo i dati FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation).

“Mentre la possibilità di un fallimento bancario è seria, ciò che rende la situazione ancora peggiore è che la scomparsa di una di queste banche si ripercuoterebbe negativamente a livello locale, in particolare sulle relatà minori, sui proprietari più piccoli e su coloro che cercano di comprare o migliorare le proprie case “, ha detto Mustafa Kamal, Presidente e CEO di Invictus. Il problema è aggravato dal fatto che le grandi banche nazionali hanno iniziato a chiudere le loro filiali più piccole, e questo, per le comunità, si traduce in minori risorse di prestito.

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Kodak in bancarotta, finisce un’epoca

 Eastman Kodak, pioniere della pellicola fotografica che ha regalato al mondo le prime foto della luna, altresì simbolo del capitalismo americano, ha presentato istanza di fallimento. La società ultracentenaria con sede a Rochester, a nord dello stato di New York, si è affacciata al nuovo millennio ma ha perso il suo appuntamento più importante: quello con il cambiamento tecnologico e il passaggio al digitale. Kodak, che non registra profitti dal 2007, aveva recentemente cercato di ristrutturarsi, adottando una strategia di diversificazione.

La caduta di Kodak, una notizia che non sorprende ma che tocca soprattutto i nostalgici e gli appassionati della macchina fotografica a pellicola, è iniziata negli anni ’80. Kodak non ha saputo cogliere la sfida (e l’opportunità) della svolta digitale. Un ritardo, e un gap, che Kodak non ha mai saputo recuperare e colmare.

Nel concreto, Kodak e le sue controllate statunitensi, cercheranno di beneficiare della protezione del Capitolo 11 della legge sui fallimenti, davanti al tribunale di New York.  Il crollo di Kodak ha già raggiunto la città di Rochester, New York, dove il gruppo ha sede. Al tempo del suo splendore, Kodak contava più di 60.000 persone. Oggi, i dipendenti sono solo poco più di 7000. Dal 2003, 13 stabilimenti e 130 laboratori sono stati rimossi.

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Saab costretta a chiudere per liquidazione

 Un fallimento non certo inatteso: ecco come è andata a finire l’epopea della Saab, dopo settantaquattro anni di vita e due di lenta agonia. La compagnia automobilistica svedese si è infatti vista costretta a chiudere per liquidazione, dopo aver comunque sperato a lungo in un supporto importante da parte di alcuni investitori cinesi. In aggiunta, è stato necessario fronteggiare anche l’opposizione dell’ex casa madre, General Motors. Viktor Muller, ex amministratore delegato di Spyker, aveva acquisito il gruppo di Trollhättan nel gennaio del 2010 per circa 74 milioni di dollari in denaro cash e altri 326 milioni in azioni privilegiate, ma a distanza di un biennio non è riuscito a ottenere i finanziamenti necessari per modernizzare la società in tempo di crisi.

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