Fondi immobiliari e risparmiatori di Poste Italiane: ne parliamo con Geneve Invest

Il quartier generale di Poste Italiane a Roma. REUTERS/Alessandro Bianchi/File Photo

Migliaia di risparmiatori, in gran parte pensionati e lavoratori del settore impiegatizio, si sono affidati fra il 2002 e il 2005 a prodotti di risparmio postali legati a quello che allora decine di promotori finanziari, dagli sportelli dei 13mila uffici della Posta sparsi su tutto il territorio italiano, presentavano come un “investimento “sicuro”, una certezza cui poter fare pieno affidamento: il mattone.

È  in questo modo che Poste Italiane ha raccolto in poco meno di tre anni 850 milioni di euro, suddivisi in 340.000 quote. Nonostante l’alto rischio di investimento, il taglio non elevato dei fondi, con quote da 2.500 euro l’una, era d’altronde pensato proprio per i piccoli risparmiatori: a giudicare dalle testimonianze raccolte nel corso delle ultime settimane, i dettagli finanziari dei prodotti erano stati tenuto nascosto ai sottoscrittori. I fondi Invest Real Security, Obelisco, Europa Immobiliare 1 e Alpha hanno da subito mostrato profonde debolezze: leggendo i rendiconti annuali si scopre come abbiano chiuso, dal 2005 ad oggi, sempre in perdita. A poco a poco gli 850 milioni degli investitori sono così scomparsi nel nulla.

“Il problema purtroppo è sempre lo stesso – spiega Gianmaria Panini, responsabile per il mercato italiano di Geneve Invest, società indipendente di gestione patrimoniale – ed è legato alla professionalità di chi opera sui mercati finanziari. Spesso si pensa di potersi improvvisare, ma per produrre reddito e non mettere a rischio i propri risparmi è fondamentale rivolgersi ad esperti in grado di poter orientare al meglio i clienti in maniera individuale e di strutturare percorsi di investimento specifici, utilizzando gli strumenti tecnici di analisi finanziaria in relazione a obiettivi e margini di operatività possibili”.

La situazione di difficoltà dei fondi cui si è affidata Poste Italiane ha raggiunto il punto definitivo di svolta il 31 dicembre 2016, quando il fondo Invest Real Security, dopo aver allungato con una proroga i tre anni la propria scadenza nella vana speranza di poter rivendere al meglio i propri immobili e rimborsare parte dei suoi investitori, è andato a scadenza, chiudendo le operazioni con un comunicato che lascia poco spazio all’immaginazione: “Verrà effettuato un primo rimborso ad oggi stimato di 390 euro per quota entro il 31 marzo 2017. Il rimborso finale complessivo – che comunque avrà ad oggetto importi residuali – sarà determinato solo con la liquidazione del fondo”. In poche parole dei 2500 euro investiti si avranno indietro non più di 450 euro, una disfatta totale, specie se si considera che nei 13 anni di attività finanziaria Invest Real Security ha distribuito appena 658 euro per quota. Un vero disastro, ancora più amaro se si considerano le stime, completamente sballate, degli esperti, che appena 6 mesi fa stimavano il valore delle quote a 1.229 euro, più di quattro volte oltre il prezzo a cui il fondo ha chiuso i battenti.

A determinare il tracollo dei fondi IRS è stata la scarsa capacità, da parte del management, di interpretare il momento di profonda crisi del settore immobiliare, una congiuntura che non ha permesso al fondo di recuperare i capitali investiti per l’acquisto e la ristrutturazione di una serie di complessi immobiliari rivenduti con pesantissime minusvalenze. Due esempi su tutti sono rappresentati dal centro commerciale di Andria, venduto per 8,8 milioni (minusvalenza di 14,2 milioni rispetto al valore certificato al 30 giugno) e dal palazzo in provincia di Torino il cui bilancio finale porta il segno – 9,4 milioni:operazioni fallimentari che descrivono al meglio l’andamento complessivo dell’investimento.

“Sulla base delle informazioni che sono trapelate – continua Gianmaria Panini di Geneve Invest – emerge in maniera molto chiara una certa superficialità, da parte di chi ha orientato gli investimenti dei risparmiatori di Poste Italiane. Puntare tutto sul settore immobiliare, in una convergenza come quella attuale, è molto rischioso e credo che sarebbe stato necessario porre molta più attenzione alla tipologia di investimento sulla quale orientarsi, soprattutto se consideriamo che in molti casi stiamo parlando di risparmi accumulati dopo anni di lavoro e non di professionisti che fanno della finanza la loro principale forma di sostentamento.”

Non se la passano bene nemmeno i risparmiatori del fondo Obelisco, valutato 1.118 euro al 30 giugno 2016, così come quelli di Europa Immobiliare 1, che hanno visto le loro quote scendere a 1.314 euro l’una, meno della metà del valore iniziale. Il fondo Alpha è invece valutato 3.304 euro, ma non distribuisce più ricavi dal 2012 e ha già richiesto una proroga di ben di 15 anni rispetto alla scadenza iniziale: chi ha investito nel 2002 dovrà aspettare sino al 2030.

Nonostante le perdite dei sottoscrittori le Sgr hanno continuato a incassare ogni anno commissioni che variano tra lo 0,8 e l’1,8% del valore del fondo. A guadagnarci sono così state le banche depositarie e gli esperti che, cambiandone costantemente il valore e causando una continua oscillazione dei prezzi, hanno redatto le perizie degli immobili.

„Da parte mia – chiude Panini di Geneve Invest – mi sento solo di consigliare la più banale delle attenzioni: controllare sempre di persona gli investimenti proposti e soprattutto affidarsi a società, non a consulenti, che svolgono il lavoro di gestione patrimoniale in maniera esclusiva ed indipendente“.

A rendere il caso ancora più spinoso è il Regolamento Consob, che avrebbe dovuto vigilare insieme alla Banca d’Italia sulla proposta finanziaria di Poste Italiane. Secondo l’articolo 28 del Testo unico della finanza (art. 28), i fondi infatti non sarebbero dovuti finire in alcun modo nei portafogli di investimento dei piccoli risparmiatori, perché ad alto rischio, con una durata temporale medio-lunga e molto difficili da vendere. Insomma, un vero pasticcio cui Poste Italiane sta adesso cercando di mettere una pezza provando a risarcire, di tasca propria, tutti gli investitori rimasti a secco. “Un’iniziativa tesa a rinsaldare un rapporto di fiducia” ha spiegato l’ad di Poste Francesco Caio, “ e che rappresenta un unicum. La decisione di Poste è stata quella di offrire l’opportunità, a coloro che hanno mantenuto una quota del fondo fino alla scadenza, di utilizzare uno strumento per recuperare nei prossimi cinque anni la somma persa.” Secondo Marco Siracusano, responsabile di BancoPosta, l’operazione potrebbe costare a Poste Italiane “fino a un massimo di 50 milioni di euro, in proporzione all’adesione”.

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