Rage: no a moda e glamour per il profitto. Sally Potter arriva al festival di Berlino

 In un mondo in crisi, mentre le economie spingono sempre più verso l’ eccesso degli acquisti e al consumismo “agevolato”, arriva al Festival di Berlino un film tutto incentrato sullo sfruttamento economico che gira attorno al mondo della moda, un mondo platinato che nasconde tragedie e guadagni smisurati.
Lo sfruttamento della bellezza nel raggiungimento del profitto. Annichilita dal marketing, attaccata dall’ avanzare dell’ età e truffata dal culto del mondo delle celebrities“. Questa è la denuncia di Rage, ultimo film di Sally Potter passato in concorso al Festival di Berlino.
Proprio mentre arriva nelle sale I love shopping, commedia sulla sfrenata passione per gli acquisti inutili, arriva un film più lento e riflessivo, che mostra l’ altro lato della medaglia: un passo indietro che fa riflettere sui meccanismi della moda, dello shopping compulsivo e del grande motore che provoca crisi e tragedie. Il profitto.
Da vedere entrambi, per riflettere in modi diversi su ciò che acquistiamo e perché.

RAGE
A giudizio di tanti, questa volta la regista inglese di “Lezioni di Tango” avrebbe esagerato. Un’ ora e mezzo di riprese, in piano americano, di attori che si confessano come in un confessionale del Grande Fratello a un interlocutore di nome Michelangelo: solo primi piani e parole con dietro nulla, o meglio solo un fondo di colore compatto. Il tutto ripreso con una fotografia iperrealista e platinata, proprio come richiede il mondo della moda. Novantanove minuti divisi in sei giorni e da quattordici personaggi tra cui un ragazzo e il suo website.

LA CRISI DELLA MODA SULLO SFONDO
In Rage si parla della morte di una modella e la crisi di una casa di moda di New York. Sullo schermo, compaiono così di volta in volta dallo stilista alla manager, dalla modella al capo del marketing. E, una volta nel confessionale, parlano dei loro sogni falliti, si confessano, raccontano le loro frustrazioni, discutono di globalizzazione nell’ età dell’ informazione, della loro voglia di sparire o apparire. Tra i personaggi c’ é Jude Law nell’ inedito ruolo di Mix, modella trans dalla bellezza folgorante in vena di coming out.

Ma, in questo film prodotto da Gran Bretagna e Usa, vi sono anche Judi Dench nel ruolo della critica, John Leguizamo in quello di bodyguard, Steve Buscemi in quello del fotografo Frank e Dianne Wiest in quello della manager della casa di moda. “Noi siamo così pieni di immagini platinate del mondo della moda che non riusciamo più a vedere oltre – spiega la regista della sua scelta stilistica minimalista -. Lo stesso vale per New York, super sfruttata“.

Da qui la semplice soluzione di non mostrare né la città, né la maison, in modo che il mondo intorno ai personaggi sia creato dall’ immaginazione di chi guarda, dall’ idea che uno ne ha, dalla cose che le persone sullo schermo dicono o non dicono”. Per quanto riguarda i personaggi di Rage e il mondo che raccontano, “si vive – spiega la Potter – in una cultura ossessionata dall’ apparenza e la fama, ma parti dell’ industria della moda sono dipendenti dal lavoro clandestino, la cui invisibilità è garanzia di sopravvivenza“.
Così proprio come Michelangelo, l’ interlocutore a cui si rivolgono tutti i personaggi che è appunto invisibile e non replica mai, un testimone assente il cui occhio fisso e che non giudica fa sì che i personaggi si aprano a lui in tutta libertà“.

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