Tim e Iliad: niente fusione. E adesso? Una grande occasione mancata per il colosso italiano delle telecomunicazioni senza ombra di dubbio.
L’accordo tra Tim e Iliad non si farà
Non ci sono più ipotesi da fare. La fusione tra Tim e Iliad non si farà. Nel caso si fosse realizzata ci saremmo trovati davanti a una operazione in grado di stravolgere gli equilibri del mercato delle telecomunicazioni in Italia. Invece, dopo mesi di attesa e speculazioni, la possibilità è definitivamente sfumata.
La possibilità di un accordo non era mai stata abbandonata del tutto. Anche perché l’unione di due elementi come Tim e Iliad avrebbe davvero delineato una nuova tipologia di mercato, scuotendone le fondamenta. Ci troviamo invece davanti a un nulla di fatto.
Iliad stessa ha messo fine a ogni dubbio: i contatti con Tim sono chiusi e non ci sarà alcuna ripresa delle trattative. Nonostante un primo stop arrivato ad aprile, il fatto che a inizio 2025 Iliad abbia richiesto a Boston Consulting Group lo studio di una possibile fusione continuava a far sognare.
Tim, dal canto suo, non aveva escluso nulla, anzi. E ci si aspettava che l’opzione fosse ancora sul tavolo. Anche lo Stato italiano, tramite Cassa Depositi e Prestiti e Poste Italiane, seguiva da vicino l’evolversi della situazione. Ricordiamo che Poste è diventata azionista di riferimento di Tim. Di sicuro con l’obiettivo dichiarato di sostenere una maggiore integrazione nel settore.
Sinergie importanti sfumate
La reazione dei mercati non si è fatta attendere con un contraccolpo per il titolo Tim in Borsa. Le stime parlavano di sinergie potenziali per circa 860 milioni di euro: un tesoretto che avrebbe potuto essere reinvestito nello sviluppo delle reti, nella digitalizzazione e nelle infrastrutture.
Inoltre, la fusione avrebbe portato a una riduzione degli operatori mobili attivi in Italia, che sarebbero passati da quattro a tre. Questo avrebbe potuto alleggerire la pressione sulla concorrenza, migliorando i margini per Tim. Nell’intera operazione si doveva poi mettere in conto il possibile intervento dell’Antitrust, che avrebbe sicuramente vigilato su una mossa di tale portata.
E ora? Tim fa sapere che non è l’unica strada possibile per rafforzare la propria posizione. Si guarda ad alternative come la condivisione delle infrastrutture con altri operatori, una gestione più efficiente delle risorse e nuove collaborazioni tecnologiche.
Resta però una questione aperta: il peso crescente dello Stato all’interno della società, attraverso le sue partecipate. Un ruolo che può offrire stabilità, ma che solleva anche qualche interrogativo sul futuro dell’azienda in un mercato sempre più competitivo.