Sud Italia verso morte dell’industria

 Il Sud Italia si sta avviando verso il collasso dell’industria. Un tramonto che – se non definitivo – rischia di essere irreparabile nel breve termine, e che dovrebbe indurre le autorità e le istituzioni a porre in essere delle significative azioni di contrasto a quanto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha definito come un pericolo di “desertificazione industriale”. Vediamo dunque perchè, secondo il numero 1 degli industriali, il Sud rischia di scomparire dal peso produttivo nazionale.

Il Mezzogiorno” – ha recentemente esordito Giorgio Squinzi, intervenuto in un convegno organizzato dall’associazione del Sud – “già troppe volte, è stato oggetto di promesse mai mantenute. Noi non permetteremo che questo avvenga di nuovo”. Chiaro il riferimento al fallimento dei precedenti esecutivi che, a margine di grandi promesse in sede elettorale, hanno poi faticato ad applicare delle riforme concrete che avessero effetti pragmatici sullo stato di salute del territorio.

“Ci aspetta un anno difficile in cui piu’ che mai diventa cruciale la sfida della crescita” – ha poi proseguito Squinzi che, proprio sul fronte della crescita, ha ritenuto opportuno aggiungere come – “nei mesi scorsi troppo poco si e’ fatto, alle prese con la messa in sicurezza dei conti pubblici” (vedi anche Italiani sfiduciati su ripresa economica).

Quindi, un auspicio per l’attuale periodo di accesa campagna elettorale. Un periodo per il quale il presidente di Confindustria si è augurato che “non si seguano pericolose scorciatoie fatte di facili promesse irrealizzabili o di avventurosi passi indietro rispetto alla strada delle riforme intraprese”.

Parole, quelle del numero 1 degli industriali, che a fatica sembrano celare la delusione per quanto accaduto in passato, e il timore che quanto già visto negli ultimi anni (o nelle ultime legislature) possa poi ripetersi anche nei prossimi anni. Un rischio che, considerato l’attuale stato di salute dell’economia del Mezzogiorno d’Italia, potrebbe generare degli effetti ancora più drammatici (vedi anche Le cinque domande di Banca Etica sulla finanza).

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