Borsa cinese, la crisi non stenta a placarsi

Le Borse del Vecchio continente si muovono sopra un sentiero sempre più stretto in cui a farla da padrona è la volatilità e dove a trarne giovamento sono soltanto gli speculatori.

Tuttavia, per gli investitori la ripresa economica è minacciata a Oriente dalla Cina e a Occidente dalla Grecia. Sullo sfondo, poi, resta l’incertezza sulle prossime mosse della Federal Reserve che fino ad oggi a sostenuto la crescita americana con tassi fermi a zero da anni: adesso, però, il governatore Janet Yellen vorrebbe iniziare la stretta monetaria. Aumentando l’incertezza dei listini.

A preoccupare gli addetti ai lavori più del rischio di un’uscita della Grecia dall’euro nei prossimi cinque giorni, pare essere il crollo verticale della Borsa cinese che in 12 mesi era cresciuta di oltre il 150% fino al picco del 12 giugno scorso: da allora ha perso quasi il 35%. Il tutto nonostante le misure adottate dalle autorità e la sospensione del 71% dei titoli quotati. Peggio, secondo un’analisi del Daily Telegraph, la Cina è il vero problema rispetto alla “pantomima greca: mentre gli occidentali si stanno concentrando sulla Grecia, una crisi finanziaria potenzialmente molto più significativa si sta sviluppando dall’altra parte del Mondo. Quella che alcuni stanno iniziando a chiamare il 1929 cinese”, come la Grande depressione che travolse gli Stati Uniti.

In mattinata, dunque, Tokyo ha chiuso in calo del 3,14%. In Europa dopo due giorni di forti vendite Milano prova a rialzare la testa e accelera al rialzo segnando +2,2%, mentre l’euro è in lieve rialzo rispetto alla chiusura di Wall Street quando segnava 1,0987 contro il biglietto verde: la moneta unica è a 1,1009 dollari mentre contro lo yen passa di mano a 134,15.

 

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